A 8 anni dallo scoppio della crisi economica mondiale, le istituzioni europee non sono ancora riuscite a gestire gli squilibri interni e rilanciare le economie in affanno di molti paesi comunitari. La BCE ha gestito la crisi al meglio con gli strumenti a sua disposizione, evitando il crack del sistema, ma non è riuscita a rilanciare e stabilizzare le economie. Molti paesi hanno accumulato stock di debito così alti che non ci sono prospettive concrete o soluzioni realmente percorribili per il risanamento. La crisi economica, così duratura, ha creato condizioni per la nascita di movimenti nazionalisti, ed il processo di integrazione ha subito una pesante battuta d’arresto.
Il dibattito tra neokeynesiani e monetaristi è sempre aperto e controverso, tuttavia il perdurare della crisi economica in Europa, dà evidenza che gli strumenti utilizzati da queste scuole di pensiero sono inefficaci nel trovare soluzioni concrete e percorribili.
Se da un lato il ruolo attivo della politica monetaria secondo il pensiero keynesiano può generare effetti economici reali nel breve termine, dall’altro vede tra le maggiori critiche (fondate) il pericolo che l’espansione monetaria porti ad un aumento dell’inflazione; questa, se non adeguatamente controllata (iperinflazione), provoca distruzione del tessuto economico e, quindi, danni nel lungo periodo enormemente maggiori ai benefici di stimolo di breve termine. In effetti politiche di espansione monetaria potrebbero avere successo solo in presenza di rigida autodisciplina di governo, ovvero solo nel caso l’espansione venga utilizzata nei casi di veri shock di domanda dovuti a eventi straordinari di mercato. Ma la storia dà evidenza che quando un governo ha a disposizione la valvola di sfogo dell’espansione monetaria come ultima risorsa per la gestione del bilancio, prima o poi avverrà un suo abuso, quindi inflazione, quindi crisi.
È questo il motivo per cui i monetaristi, paladini dell’austerity, vedono nell’espansione monetaria il più grande dei pericoli e rimangono arroccati sulle loro posizioni di rigore assoluto. I monetaristi basano la politica monetaria sul controllo dei prezzi e dell’inflazione generale, lasciando al mercato l’aggiustamento dei vari fattori produttivi. In effetti la stabilità dei prezzi è da solo un poderoso driver di crescita nel lungo periodo e di stabilità del sistema. Tuttavia le policy monetariste vedono grandi limiti in condizioni di deflazione, con tassi prossimi allo zero, e la trappola della liquidità è il preludio di gravi shock economici. Inoltre non si trova una chiara indicazione di come gestire sistemi complessi, come quello europeo, in cui economie eterogenee e asimmetriche convivono sotto la stessa moneta, in mancanza di tasso di cambio e di autonomia monetaria. E da qui la critica alle politiche monetariste e alla loro incapacità di gestire situazioni contingenti e di crisi.
Il problema di fondo è che tali scuole di pensiero “classiche” non prendono in considerazione un fattore fondamentale nell’universo economico/monetario: la modalità con cui l’espansione monetaria viene implementata.
In altre parole keynesiani e monetaristi, quando parlano di espansione monetaria, non considerano che la stampa ed immissione di moneta nel sistema possa essere fatta secondo modalità diverse da quelle tradizionali. In questo senso, il fattore “modalità di gestione” dell’aumento della base monetaria viene universalmente considerata una costante, quando nella realtà è una variabile il cui effetto moltiplicatore può cambiare diametralmente i risultati delle politiche monetarie sull’economica reale.
La teoria della Liquidità Distribuita propone un rigoroso modello matematico il cui focus è la modalità di immissione della moneta, una variabile il cui impatto è tanto potente quanto sottovalutato.
La Liquidità Distribuita, permette una politica di espansione monetaria, con aumento dei consumi, investimenti, occupazione, sviluppo di economia reale e miglioramento delle performance di tutto il sistema nel lungo termine. Adottando la Liquidità Distribuita si avrebbe una stabilizzazione dell’inflazione, un livellamento delle varie differenze inflattive nelle vari paesi dell’Unione e una rapida scomparsa di fenomeni di deflazione e di stagflazione ove si presentino; il tutto con una riduzione del debito nel lungo termine. Infine verrebbero premiati i paesi meritevoli, si aiuterebbero i paesi in difficoltà, si aumenterebbe la coesione sociale interna e quindi ci sarebbe il collante economico necessario a proseguire il percorso di integrazione europeo.
La Liquidità Distribuita offre uno strumento concreto, anticonvenzionale, dinamico e anticiclico di impiego della moneta al fine di creare azione microeconomica di base, dalla quale poi scaturiscano gli andamenti macroeconomici fondamentali desiderati.
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